E così il Cominc Sans è stato dichiarato il font più leggibile per i dislessici.
Una grande e inaspettata rivincita, la sua.
Che piaccia o no, questo font semplifica la vita di alcune persone che hanno una difficoltà e, nella società di oggi che si mostra fiera paladina dell’inclusività, non possiamo non tenerne conto.
Probabilmente qualche grafico si sarà svegliato con l’orticaria quando è uscita la notizia, ma è importante fare una riflessione che vada oltre i gusti personali in questo caso.
Ormai lo sappiamo: l’attenzione è la merce di scambio principale online. Oltre alla soglia ridotta della nostra attenzione dobbiamo fare i conti anche con le difficoltà di ognuno di noi, la dislessia è una difficoltà di alcuni, certo, ma va considerata.
Le mie ultime settimane di lavoro sono state una maratona, di quelle dove l’arrivo non si materializza mai, eppure eri ben allenato..
In queste settimane ogni notizia, ogni post, ogni email.. tutto ciò che nelle prime 3 parole non aveva qualcosa che mi serviva finiva automaticamente in una cartellina del mio cervello chiamata “per quando avrò più tempo”.
Ora, immaginate di essere una persona che, oltre ad avere poco tempo, fa anche fatica a leggerlo quel contenuto.. da impazzire, no?
Ecco: abbiamo una parziale soluzione nell’utilizzo del Comic Sans.
Ora andiamoci piano, non dobbiamo utilizzarlo sempre e ovunque, ma va preso in considerazione perché in alcuni contesti potrebbe essere un ottimo alleato.
L’inclusività oggi, nel 2022, deve essere nelle nostre menti, nella pianificazione dei brand.. perché è il futuro.
Se non ci impegniamo per comprendere le nuove generazioni ci allontaniamo dai consumatori di domani, dalle persone che formeranno la società in cui -si spera- i nostri brand vivranno in futuro.
Ora vi racconto un episodio di qualche mese fa.
Siamo alla motorizzazione, è ora del rinnovo patente. Sono in attesa fuori, davanti alla portineria.
La portinaia, il cui ruolo -poverina- è un piuttosto noioso e ripetitivo, fornisce diligentemente le informazioni all’arrivo di nuove persone fino a quando una signora di circa 70 anni esce dallo stabile e inizia una discussione piuttosto accesa proprio con lei.
La signora, che si auto-definisce ‘anziana’, era risentita perché i pagamenti per il rinnovo patente devono essere obbligatoriamente fatti online “perché qua adesso sono tutti che programmano con il computer” e loro fanno fatica, devono chiedere al nipote e insomma “fammi un bollettino che vedo in posta e pago e mi arrangio”. La sua argomentazione, dai toni e dalle parole usate, poteva titolare “Allora ditelo, muori e lascia spazio ai giovani” (parole sue!).
Tralasciando il modo, sia della signora che della ragazza, in cui è stato gestito lo sfogo, la vicenda mi ha innescato un pensiero che si collega al discorso sull’inclusività che facevamo prima.
Si, perché spesso quando parliamo di inclusività pensiamo solo ai giovani e alle differenze di genere, ma anche gli anziani sono una categoria spesso maltrattata dalla nostra società.
Pensateci un momento.. la nostra società penalizza gli anziani?
Non facendo –ancora– parte di quella categoria non lo sappiamo, eppure episodi come questo mi fanno pensare che sia proprio così. Nel tentativo di semplificare la gestione del processo penalizzi una categoria di persone che per legge tornerà al rinnovo patente più spesso delle altre, e non permetti a quelle persone di essere autonome nel prendersi cura delle loro cose.
“Ma quindi Chiara, stai dicendo che sei contro la digitalizzazione e che era meglio il bollettino?” No, ma dico che se cambi una regola devi anche dare la possibilità a tutti di rispettare quella nuova.
Ad esempio: anziché lasciare la portineria (vi garantisco che faceva poco lì oltre ad annoiarsi, era sostituibile con dei banner con le indicazioni di dove andare per quale servizio) forniscile un tablet e mettila in sala d’attesa all’interno, ad aiutare le persone a fare il pagamento.
È un esempio, può non essere fattibile per molte ragioni, ma delle alternative al “torna quando avrai pagato online e non mi interessa come fai a farlo” dovranno pur esserci, no?
Ecco, quando parlo di inclusività parlo anche di questo: la società e le aziende non possono non pensarci.
Tornando ai giovani vi riporto un’altra riflessione, se avete voglia di leggerla ;))
Qualche tempo fa leggevo un articolo sul tema dell’inclusività rapportato alle campagne pubblicitarie, raccontava i casi di Barbie e le sue collaborazioni con alcuni brand di moda, interessanti e stimolanti come azioni promozionali, ma il tutto mi ha spinta ad una riflessione…
Come genitori oggi abbiamo una responsabilità enorme, e un compito davvero difficile: riuscire a far crescere i nostri figli con la mente aperta, senza trasmettere loro troppe opinioni personali.
La società di oggi è molto diversa da quella in cui sono cresciuti i miei genitori, ed è diversa anche da quella in cui sono cresciuta io: è molto più aperta, globalizzata, inclusiva appunto. Ma non essendo cresciuta in una società così, non è facile capire cosa significhi fino in fondo per una bimba, per una ragazzina.
Esempio, magari banale eh.. belle le Barbie transgender, ma dovrò spiegargliele in qualche modo? Come? O semplicente il solo fatto di averle, di vederle, le permetterà di avere riferimenti diversi e più inclusivi di quelli che ho avuto io?
Altro esempio: avete presente quella fotografia dell’uomo transgender incinta (utilizzata anche come campagna pubblicitaria)? Ecco, se lei un domani mi chiedesse se gli uomini possono fare bambini, io d’istinto risponderei di no. Ma probabilmente sbaglierei. Sarebbe un insegnamento limitante?
Sono seria: mi ritrovo spesso a chiedermi cosa e come dovrei relazionarmi con lei su certe tematiche.. Al di là delle scelte che ognuno fa per sé stesso, delle decisioni che si possono prendere.. magari tra 15 anni quando mia figlia sarà adolescente di situazioni come questa ce ne saranno molte e non si noteranno più.. quindi dovremmo abituarci anche a costruire un nuovo modo di dialogare e di rapportarci a determinate tematiche.
Sbaglio? Mi faccio forse troppe paranoie?
Non lo so, ma so che domande come queste dovrebbero stare anche nella mente dei brand, se vogliono lavorare per il futuro.
Nel nostro piccolo come agenzia di comunicazione in Gingernlemon ci proviamo, e so che non è facile: è complesso imparare a scrivere nel modo giusto, ad utilizzare frasi corrette, terminologie.. ma è difficile anche pensare di rendere un progetto inclusivo a tutto tondo.. però, il fatto che sia difficile non ci impedisce di pensarci, di andare per gradi, di imparare. No?