E così il Cominc Sans è stato dichiarato il font più leggibile per i dislessici.

Una grande e inaspettata rivincita, la sua.

Che piaccia o no, questo font semplifica la vita di alcune persone che hanno una difficoltà e, nella società di oggi che si mostra fiera paladina dell’inclusività, non possiamo non tenerne conto.

Probabilmente qualche grafico si sarà svegliato con l’orticaria quando è uscita la notizia, ma è importante fare una riflessione che vada oltre i gusti personali in questo caso.

Ormai lo sappiamo: l’attenzione è la merce di scambio principale online. Oltre alla soglia ridotta della nostra attenzione dobbiamo fare i conti anche con le difficoltà di ognuno di noi, la dislessia è una difficoltà di alcuni, certo, ma va considerata.

Le mie ultime settimane di lavoro sono state una maratona, di quelle dove l’arrivo non si materializza mai, eppure eri ben allenato..

In queste settimane ogni notizia, ogni post, ogni email.. tutto ciò che nelle prime 3 parole non aveva qualcosa che mi serviva finiva automaticamente in una cartellina del mio cervello chiamata “per quando avrò più tempo”.

Ora, immaginate di essere una persona che, oltre ad avere poco tempo, fa anche fatica a leggerlo quel contenuto.. da impazzire, no?

Ecco: abbiamo una parziale soluzione nell’utilizzo del Comic Sans.

Ora andiamoci piano, non dobbiamo utilizzarlo sempre e ovunque, ma va preso in considerazione perché in alcuni contesti potrebbe essere un ottimo alleato.

L’inclusività oggi, nel 2022, deve essere nelle nostre menti, nella pianificazione dei brand.. perché è il futuro.

Se non ci impegniamo per comprendere le nuove generazioni ci allontaniamo dai consumatori di domani, dalle persone che formeranno la società in cui -si spera- i nostri brand vivranno in futuro.

Ora vi racconto un episodio di qualche mese fa.

Siamo alla motorizzazione, è ora del rinnovo patente. Sono in attesa fuori, davanti alla portineria.

La portinaia, il cui ruolo -poverina- è un piuttosto noioso e ripetitivo, fornisce diligentemente le informazioni all’arrivo di nuove persone fino a quando una signora di circa 70 anni esce dallo stabile e inizia una discussione piuttosto accesa proprio con lei.

La signora, che si auto-definisce ‘anziana’, era risentita perché i pagamenti per il rinnovo patente devono essere obbligatoriamente fatti online “perché qua adesso sono tutti che programmano con il computer” e loro fanno fatica, devono chiedere al nipote e insomma “fammi un bollettino che vedo in posta e pago e mi arrangio”.  La sua argomentazione, dai toni e dalle parole usate, poteva titolare “Allora ditelo, muori e lascia spazio ai giovani” (parole sue!).

Tralasciando il modo, sia della signora che della ragazza, in cui è stato gestito lo sfogo, la vicenda mi ha innescato un pensiero che si collega al discorso sull’inclusività che facevamo prima.

Si, perché spesso quando parliamo di inclusività pensiamo solo ai giovani e alle differenze di genere, ma anche gli anziani sono una categoria spesso maltrattata dalla nostra società.

Pensateci un momento.. la nostra società penalizza gli anziani?

Non facendo –ancora– parte di quella categoria non lo sappiamo, eppure episodi come questo mi fanno pensare che sia proprio così. Nel tentativo di semplificare la gestione del processo penalizzi una categoria di persone che per legge tornerà al rinnovo patente più spesso delle altre, e non permetti a quelle persone di essere autonome nel prendersi cura delle loro cose.

 

“Ma quindi Chiara, stai dicendo che sei contro la digitalizzazione e che era meglio il bollettino?” No, ma dico che se cambi una regola devi anche dare la possibilità a tutti di rispettare quella nuova.

 

Ad esempio: anziché lasciare la portineria (vi garantisco che faceva poco lì oltre ad annoiarsi, era sostituibile con dei banner con le indicazioni di dove andare per quale servizio) forniscile un tablet e mettila in sala d’attesa all’interno, ad aiutare le persone a fare il pagamento.

È un esempio, può non essere fattibile per molte ragioni, ma delle alternative al “torna quando avrai pagato online e non mi interessa come fai a farlo” dovranno pur esserci, no?

Ecco, quando parlo di inclusività parlo anche di questo: la società e le aziende non possono non pensarci.

Tornando ai giovani vi riporto un’altra riflessione, se avete voglia di leggerla ;))

Qualche tempo fa leggevo un articolo sul tema dell’inclusività rapportato alle campagne pubblicitarie, raccontava i casi di Barbie e le sue collaborazioni con alcuni brand di moda, interessanti e stimolanti come azioni promozionali, ma il tutto mi ha spinta ad una riflessione…

Come genitori oggi abbiamo una responsabilità enorme, e un compito davvero difficile: riuscire a far crescere i nostri figli con la mente aperta, senza trasmettere loro troppe opinioni personali.

La società di oggi è molto diversa da quella in cui sono cresciuti i miei genitori, ed è diversa anche da quella in cui sono cresciuta io: è molto più aperta, globalizzata, inclusiva appunto. Ma non essendo cresciuta in una società così, non è facile capire cosa significhi fino in fondo per una bimba, per una ragazzina.

Esempio, magari banale eh.. belle le Barbie transgender, ma dovrò spiegargliele in qualche modo? Come? O semplicente il solo fatto di averle, di vederle, le permetterà di avere riferimenti diversi e più inclusivi di quelli che ho avuto io?

Altro esempio: avete presente quella fotografia dell’uomo transgender incinta (utilizzata anche come campagna pubblicitaria)?  Ecco, se lei un domani mi chiedesse se gli uomini possono fare bambini, io d’istinto risponderei di no. Ma probabilmente sbaglierei. Sarebbe un insegnamento limitante?

Sono seria: mi ritrovo spesso a chiedermi cosa e come dovrei relazionarmi con lei su certe tematiche.. Al di là delle scelte che ognuno fa per sé stesso, delle decisioni che si possono prendere.. magari tra 15 anni quando mia figlia sarà adolescente di situazioni come questa ce ne saranno molte e non si noteranno più.. quindi dovremmo abituarci anche a costruire un nuovo modo di dialogare e di rapportarci a determinate tematiche.

Sbaglio? Mi faccio forse troppe paranoie?

Non lo so, ma so che domande come queste dovrebbero stare anche nella mente dei brand, se vogliono lavorare per il futuro.

Nel nostro piccolo come agenzia di comunicazione in Gingernlemon ci proviamo, e so che non è facile: è complesso imparare a scrivere nel modo giusto, ad utilizzare frasi corrette, terminologie.. ma è difficile anche pensare di rendere un progetto inclusivo a tutto tondo.. però, il fatto che sia difficile non ci impedisce di pensarci, di andare per gradi, di imparare. No?

 

Eh.. Ma voi non siete un po’ stanchi?

Di questo continuo dover apparire, mettersi in mostra. Di tutte queste persone, in qualsiasi settore, che si improvvisano Guru di Qualcosa e ti dicono che per riuscirci ‘basta volerlo davvero’ che se ‘vuoi puoi’. Che al giorno d’oggi ci sono miliardi di possibilità, di vita e di lavoro, e che siamo così fortunati.

Si, ok, ma basta però.

La verità è che per arrivare da qualche parte, devi sudare.
Devi impegnarti, faticare, studiare, studiare, studiare, provarci, fallire, ri-provarci e probabilmente ri-fallire.

Nulla arriva in attimo, in modo facile-facile. Tutto richiede impegno, sacrificio.

È tutto diverso rispetto a quando i nostri genitori avevano la nostra età.
(Ma va’?)

Ad un trentenne oggi la società si presenta con due facce.

Una è quella in cui tutto gli è concesso: vivere ancora a casa dei genitori, non avere un lavoro stabile, non avere idea di cosa fare nella vita, continuare a frequentare università all’infinito pur di non affrontare il problema e vivere sotto l’ala dei genitori che, siccome vorrebbero il meglio per noi e vedono la differenza totale rispetto a quando erano giovani loro, continuano a giustificare le nostre non scelte e quindi va bene così.

La società ci dice che è normale, che poverini siamo confusi dalle mille opportunità. Che siamo in difficoltà perché non c’è lavoro. Che siamo già bravi ad essere rimasti in Italia perché con un Paese così che non ti aiuta è normale che i giovani scappino all’estero.

L’altra è quella opposta.
Quella che dice che a trent’anni il lavoro devi averlo, sicuro e stabile. Dovresti anche avere già dei figli (andiamo, ancora non hai fatto famiglia?) e ovviamente una relazione stabile e un tetto (di proprietà!) sulla testa. Un mutuo trentennale, una cerchia di amici ristretta (ma buona!) con cui ubriacarti sporadicamente, una squadra di calcetto e qualche cliché tipo il macchinone e/o l’amante.

Non so a voi, ma a me entrambe le alternative fanno schifo, come se fossimo tutti raggruppabili in due categorie: scappati di casa o padri di famiglia.

Mia madre non molto tempo fa mi ha detto:

‘perché avere una casa di proprietà, per lasciarla un domani ai figli? Sai qual è la cosa più importante che puoi dare un domani ai tuoi figli? I tuoi Valori, l’Educazione, l’Amore.. e cercare di insegnargli a vivere la vita, che è difficilissimo’.

I trent’anni non sono una linea di demarcazione e non c’è un giusto modo per arrivarci.

Famiglia, figli, matrimonio.. possono non essere l’obiettivo di tutti o semplicemente c’è chi ancora non ha trovato la persona giusta. E visto che oggi possiamo scegliere, per amore, perché dovremmo accontentarci?

Facciamo sempre il paragone con il passato, ma ci dimentichiamo alcune cose però. Una volta tante persone sacrificavano loro stesse per ‘fare la cosa giusta’.

Tante erano le coppie ‘felicemente spostate’ e con figli in cui Lui era segretamente omosessuale, o in cui lo era lei. Un tempo non era concesso Amare semplicemente un’altra Persona, per la sua anima.

Quante famiglie cresciute dentro a litigi, silenzi strazianti e divorzi (che si riversavano inevitabilmente sui figli)?
E quante persone non si sono mai nemmeno chieste ‘cosa è giusto per me?’ ma hanno proseguito il loro cammino senza voltarsi, forse perché non hanno avuto nemmeno la possibilità di pensare?

Un po’ come quelli a cui sento dire ‘eh una volta non prendevamo mica tutti questi integratori’ o ‘una volta mica prendevo le medicine per la febbre’ o ‘mia nonna non ha mica partorito in ospedale con tutti sti medici, una volta le cose si facevano in casa’ o ancora ‘e tutta sta attenzione a cosa mangiano i bambini.. una volta i miei nonni mica avevano il latte apposito, mangiavano quello che c’era e stavano così bene’.

Si ok, ma che aspettativa di vita c’era una volta? E che qualità della vita avevano?

Dai su, siamo onesti, i paragoni vanno fatti con criterio altrimenti perdono di significato.

Certo, siamo una generazione incasinata. Ma ormai ci siamo in mezzo, tanto vale ballare, no?

Il problema è che tra mille possibilità ipotetiche e pochissime offerte reali e concrete non sappiamo come e dove muoverci.

Il mondo ci vuole milionari, a noi basterebbe arrivare serenamente a fine mese.

Il nostro Paese ci vuole intraprendenti, forti, ma imbrigliati dentro precise idee. E quelli di noi che ci provano davvero, restano incastrati tra un problema burocratico e la montagna di tasse e cose da pagare che ci chiedono, e a fine anno sei lì a domandarti se davvero ti conviene. (No, non lo so).

Ci sto arrivando anche io, ai trent’anni.

E non so di che categoria faccio parte onestamente. Perché pur avendo un lavoro abbastanza stabile non sono sicura che sarà il mio lavoro per la vita e sono, al contrario, certa che nella vita di esperienze voglio farne ancora tante perché ho sete e fame: di vita, posti, opportunità, tentativi. Non mi sento completa come persona, magari non lo sarò mai, ma questo non vuol dire che al momento attuale io non meriti considerazione, rispetto o stima da parte della società in cui vivo.

Così come chi ha scelto il posto fisso, la casa e la famiglia e magari questa scelta l’ha fatta già qualche anno fa, non va considerato come sedentario, come qualcuno che si sta ‘perdendo la vita’ o giocando gli anni migliori.

Siamo tutti diversi.

Dobbiamo accettare che ci saranno sempre persone che la penseranno in modo diverso da noi, che ognuno sceglie per se stesso.. e poi dobbiamo arrenderci.

Arrenderci al fatto che la vita ti fa sbandare da di qua a di là, che non sempre la strada è dritta e già tracciata. Che spesso facciamo delle incredibili scalate che durano anni per arrivare a valle a pochi metri dalla partenza. Dobbiamo solo imparare a goderci il tragitto accettando di poter sbagliare e nel frattempo riempire sempre di più il nostro baule, quello della vita.

E poi dai, sai che noia se tutti facessimo le stesse scelte? Non avremmo nulla da condividere, nessuna esperienza da portare agli altri.

Questo post è lungo, ricco di confidenze, di idee buttate giù alla Joyce, di pensieri che scorrono (più precisamente che ruotano, i cricetini stanno correndo all’impazzata, sarà che devono dimagrire).

Se sei arrivato fin qui probabilmente ti sei ritrovato in alcuni passaggi o ci hai riconosciuto qualcuno che conosci, o semplicemente volevi vedere come concludevo questo articolo. Beh non lo so, non c’è una conclusione, come non c’era un inizio e nemmeno uno svolgimento.

Quando si parla di vita non può esserci una traccia, giusto?

Certo i momenti in cui ti chiedi ‘ma cosa diavolo sto facendo’ ci sono – eccome – e chissà se finiranno mai.. ma alla fine è questa la vita che abbiamo.

Vorrei che la me di dieci anni fa, se esiste in qualche universo parallelo, potesse capire che della vita anche dopo 10 anni ancora non so niente, ma che va bene così.

Vorrei dirle di rallentare, di aspettare. Di non aver paura di soffrire, di scegliere con coraggio che tutto andrà bene. Vorrei dirle tante altre cose che non si possono scrivere qui, ma so che tanto non mi ascolterebbe, perché a vent’anni non ascolti nessuno e sei convinto di essere grande e di poter divorare il mondo.

Beh forse la giusta conclusione potrebbe essere questa, che più che una conclusione è un consiglio: non lasciamoci influenzare da quello che la società vorrebbe per noi. Non siamo inadeguati, non siamo sbagliati, siamo semplicemente noi stessi.

La differenza tra ieri e oggi sta nella possibilità di scegliere, di decidere per noi stessi.

E ce l’hanno regalata i nostri genitori, con le loro lotte anche piccole: mia madre (sempre lei, che nel caso aveste dubbi è uno dei miei punti fermi) ad esempio, ha lottato per potersi sposare in Comune e non in Chiesa, cosa che oggi è normale grazie anche a persone come lei che negli anni l’hanno resa tale, lottando contro le apparenze e contro la staticità della ‘normalità’.

Però, una cosa sì la dico ai trentenni e quasi trentenni di oggi: non possiamo più nasconderci.
Basta vivere come fossimo in Erasums da una vita.

Dobbiamo almeno provarci, perché fallire, anche diecimila volte, è in conto, ma rimanere fermi e non provarci nemmeno no, quello no.

E un ultima cosa: provarci non significa mettersi in proprio. Provarci significa uscire dal guscio, significa cambiare lavoro se quello attuale non ci piace, provarne altri 10 se necessario; significa cambiare città se non siamo felici dove siamo; significa uscire da una relazione che non ha futuro, significa impegnarsi per salvarla quella relazione, se un futuro invece può averlo; significa affrontare quell’esame che rimandiamo da anni; significa cominciare un nuovo percorso, di studio, di salute, di vita, se ne sentiamo il bisogno.

Insomma significa esporsi e iniziare a vivere.

Beh, con questa massima direi che possiamo finirlo, no?

Finalmente l’ho fatto: ho un nuovo logo anche io!

Per molto tempo sono stata l’esemplare perfetto di quello che in italia definiamo “il calzolaio che va in giro con le scarpe rotte“: parlo di brand dalla mattina alla sera e sull’importanza di creare un’identità ed essere riconoscibili ho costruito le basi del mio lavoro, ma non avevo mai avuto il tempo di pensare e sviluppare un mio simbolo identificativo, qualcosa che mi rappresentasse.

 

Qualche mese fa (a dire il vero a inizio anno, ma poi il tempo è tiranno e vola via) ho conosciuto Elisa, una professionista che si occupa di grafica e stationary di Verona e qualcosa, nel suo stile, nella sua pacata compostezza e nel suo mettersi in gioco, mi ha colpita. Una vocina dentro di me mi ha detto: lei potrebbe capirti. E fortunatamente quella vocina aveva ragione!

 

Vi lasci qui i riferimenti di Elisa e della sua attività, Beeinlove, e lascio che siano le sue parole a presentarla:

elisa tedesco

 

C’era una volta
un’ape innamorata…

Innamorata delle belle giornate di sole,
dei sorrisi di persone felici,
dei fiori profumati e pieni di colore.

Quest’ape innamorata un giorno decise
che avrebbe dedicato la sua vita
a rendere indimenticabili i giorni importanti,
per far felici sempre più persone
ed essere lei stessa felice in quel mondo bello.

Ecco, se lascio vagare la mia fantasia mi descriverei così…

 

 

Tornando a noi.. dopo questionari, mail, pranzi e millemila WhatsApp ce l’abbiamo fatta: ho un nuovo logo! La cosa che mi è piaciuta più di tutte di quella che spero sia la prima di una lunga serie di collaborazioni è che Elisa ha sempre capito le mie richieste e, step by step, è riuscita a costruire un simbolo che mi identifica veramente, più lo guardo e più me ne convinco.

logo chiara simionato

Volete sapere perché?

Punto numero uno: il colore. Negli ultimi mesi ho studiato, letto libri, fatto analisi.. insomma tutto quello che potevo fare per capire quali fossero i miei colori. E non è stato facile.

Chi mi conosce sa che il mio guardaroba è praticamente tutto nero (d’altronde ho studiato architettura, ho studiato design e web design, di che altro colore poteva essere?) con qualche variante grigia e solo qualche raro accento di colore.

Ma il colore in questi mesi per me è diventato un’ossessione. Continuavo a sentire l’esigenza di uscire dal mondo del nero, di trovare i miei colori. Ho ri-studiato il significato dei colori, gli accostamenti, le pallette.. ho fatto (e fatto fare a terzi) analisi della mia personalità, per cercare di orientare la mia ricerca.

Ogni volta che pensavo di essere vicina alla soluzione, cambiava qualcosa e tornavo al punto di partenza.

Eppure qualcosa continuava a portarmi verso il rosso, il magenta, il rosa, il vinaccia.. poi ho trovato lui: il Pantone Strog Red C.

Il mondo dei rosa per me è sempre stato un posto un po’ scomodo.. non volevo essere identificata come la ‘ragazzina fru-fru‘ e nemmeno che mi mettessero l’etichetta di quella ‘troppo sdolcinata‘. Per questo ho scelto lui, fa parte di quel mondo ed esprime femminilità, ma è forte, ricco di carattere e personalità, soprattutto grazie alle forme in cui è inserito.

favicon chiara simionato

 

 

E così arriviamo al punto due: la geometria. Un quadrato e un frame che creano il senso di profondità e due parentesi angolari che richiamano parte del mio lavoro.

E ultimo, ma non ultimo, il font. Semplice, pulito, bastoni ma non troppo rigido.

 

Cercavo un logo che esprimesse professionalità e competenza, senza cadere in grafiche troppo aziendali o maschili, direi che grazie ad Elisa ora l’ho trovato!

 

 

 

Insomma, a voi magari tutto questo dirà/importerà poco, ma per me si tratta di un primo passo verso un’identità professionale più completa.

Scrivi.

Me lo ripeto ogni giorno. Scrivi.

Per imparare a farlo meglio.
Per condividere il tuo pensiero.
Per farti sentire.
Per dire la tua.
Per essere presente.
Scrivi.

Ma trovare il tempo da dedicare alla scrittura non è sempre facile e scontato.

Eppure nella mia testa è tutto meticolosamente organizzato. Dovrei:

  • leggere un’ora al giorno;
  • scrivere un’ora al giorno;
  • allenarmi un’ora al giorno;
  • studiare un’ora al giorno;
  • dedicare due ore al giorno alle passeggiate con i cani;
  • dormire almeno sette ore a notte;
  • lavorare non più di otto ore al giorno;
  • e poi il tempo per mangiare, diciamo un’ora per il pranzo e un paio d’ore per la cena;
  • e poi boom, la giornata è finita.

Se le mie giornate fossero così non parlerei con nessuno, il mio telefono non squillerebbe mai e non avrei imprevisti da gestire. Ovviamente credo che questa cosa sia SOLO nella mia mente, perché le mie giornate non hanno mai, e dico MAI, funzionato così. Ma questa è un’altra storia.

Questo è un periodo molto strano della mia vita.
Nel giro di pochi mesi sono cambiate (e stanno continuando a cambiare) tantissime cose, ma non a causa del naturale evolversi delle situazioni, ma per mie personalissime scelte.

Ho scelto di cambiare. Città, modo di lavorare, abitudini, casa.. tante cose, tutte assieme.
E adesso sono in quello strano limbo in cui devo adattarmi a tutte le novità che ho fatto entrare nella mia vita (ma non è facile), devo riuscire a mantenere comunque la lucidità e la costanza necessaria che mi servono nel lavoro (ma anche qui, non è facile) e devo assolutamente restare concentrata sullo studio e sulla mia formazione professionale che avanza inarrestabile (impresa titanica).

Il punto è che non voglio fare switch-off. Mi spiego meglio: nonostante il sovraccarico di cose, il bisogno che sento non è quello di staccare al 100% dal lavoro e da tutto e andare, che ne so, in ferie per 15 giorni a Bali (non che mi farebbe schifo, eh). Il mio lavoro mi piace e mi piace prendere nuovi progetti da gestire, organizzarmi il mio tempo (e bla, bla, bla, ne ho già parlato tanto), per cui non è lavorare che mi pesa, è il non riuscire a chiudere un po’ di cose, non riuscire a mettere il tick alle voci della mia lista insomma.

Sicuramente ci vorrà un po’ per riuscire ad avere tranquillità e serenità mentale.. qualcuno di voi ci sarà sicuramente già passato: trasloco, lavori di ristrutturazione, una vita in scatoloni diligentemente organizzati in cui però non si trova comunque un tubo; tornare a casa da lavoro e rendersi conto di non avere una casa, ma un campo di battaglia, e doversela mettere via perché:

1, la cucina che stai aspettando non arriverà prima della metà di agosto;

2, i lavori per rivestimento e pavimentazione della tua nuova cucina (e salotto) non possono essere fatti prima, perché comporterebbero il rimanere senza cucina per oltre un mese;

3, i bagni, che tu tanto avresti voluto rifare con un tocco di bacchetta magica, sono più costosi e complicati del previsto e non puoi far altro che farne uno alla volta e con tempi biblici.

Quindi, in questa situazione (di merda, si può dire?) montare mobili, mettere in ordine vestiti e pulire è utile quanto l’ultimo quadratino di carta igienica quando sei sul wc dopo colazione.

Digressioni-sfogatoio a parte, tutto questo periodo mi ha dato un bello schiaffo sotto due punti di vista:
– quanto sia dannatamente importante una routine, personale, per avviare la giornata e una quotidianità. Giusto per capirci, io ancora non so dove andare a fare la spesa nei pressi della mia nuova casa e questa settimana proverò, per la prima volta, un estetista della zona (speriamo bene!);
– quanto la vita non smetta mai, e davvero mai, di ricordati che è più forte di te. E non è sempre detto che questo sia un male eh, badate.

Direi che per oggi la smetto con gli argomenti personali e torno al mio tanto amato WordPress per continuare il montaggio di un paio di siti che devo ultimare entro la fine di questa settimana (yuppi!).

Tornerò presto a narrarvi le vicissitudini della mia ristrutturazione, non temete.

Ps, l’immagine di copertina serve solo a ricordarmi che comunque sia io in ferie ci vorrei anche andare.

Dall’inizio dell’anno vado dicendo su tutti i social che ci sono tante novità in ballo, tanti nuovi progetti e tanti cambiamenti, è arrivato il momento di svelarvene un pò!

Direi che il titolo è emblematico, e ormai è ufficiale: da Luglio mi trasferirò a Verona!

Dopo quasi 5 anni lascio Treviso, con un misto di sensazioni ed emozioni e, devo ammetterlo, con un pò l’amaro in bocca.

Treviso è una cittadina bellissima, che in questi anni mi ha dato tanto, ma allo stesso tempo è una città chiusa, mentalità ancora poco aperte e poco spazio per i giovani. E, da giovane, questa cosa non l’ho vissuta proprio bene.

Cosa porto con me di questi 4 anni?
Troppe cose. Sono stati 4 anni pieni.
Di sorrisi, di serate, di divertimento, di lavoro, di amore, di speranza. Ma anche di momenti bui, di difficoltà, di nottate insonni e di fatica, tanta fatica.

Quattro anni intensi, attraversati da momenti di fragilità totale e da momenti di felicità totale. La vita è così, non puoi essere sempre su o sempre giù, è un’altalena di emozioni.

Ora che mi sto trasferendo ripenso spesso ai primi mesi qui, quando tutto era nuovo per me, quando non conoscevo nulla di Treviso.

Ricordo la sensazione che provavo percorrendo le strade in macchina. Lo so, vi sembrerà assurdo, ma ogni tanto mi piace ricordare come erano nuove cose adesso faccio senza nemmeno rendermene conto.

Certo, avendo anche un’attività al pubblico la vita qui non è stata, probabilmente, come quella di chiunque altro. L’essere commerciante in una piccola città ti fa entrare più in profondità nel cuore della città stessa. Fai parte di quel gruppo di persone che ogni mattina si svegliano e vanno a costruirla, la città, o almeno questo è quello che ti sembra di fare.

Ma ad un certo punto arriva il momento di andare.
Io sono così, non sono particolarmente legata al luogo in cui vivo, più alle persone. E, forse per la mia età o per il mio carattere, sono continuamente alla ricerca di novità, di stimoli diversi e di cose da fare; inevitabile che dopo un pò il posto in cui vivi lo senti stretto.

Quindi si parte, direzione: Verona!

Si lo so, non vado mica tanto distante, nulla di sensazionale.
E’ vero, però Verona è molto più grande di Treviso, e ha molta più offerta (locali, teatri, cinema, negozi, ristoranti eccetera), inoltre subisce l’influenza di Milano e le possibilità lavorative sono maggiori, è innegabile.

Non mi sposto da sola, ci spostiamo tutti, negozio compreso, anche se per un pò starà in stand-by limitandosi ad essere online.

Quindi, come avrete sicuramente capito, un’altra grossa novità è che il negozio di Treviso chiude.

Chiude principalmente perché noi abbiamo deciso di spostarci. Ma se noi abbiamo scelto di spostarci è anche per una serie di motivi che derivano dalla nostra idea progettuale.

Il digitale ha portato tanti cambiamenti, e il retail sta mutando completamente il suo modo di esistere.

Il nostro obiettivo era dare un’offerta diversa, che passasse in primis dalla competenza e dalla professionalità del personale (unico vero, grande fattore di differenziazione rispetto all’online) e in secondo luogo che fosse basata su una selezione di prodotti innovativi, diversi. E ci siamo riusciti.

Claudio è un manager impeccabile, con una gentilezza, educazione e simpatia innate. Ed è grazie a queste sue qualità che si è creato un seguito di clienti che si Fidano davvero del suo gusto e del suo parere. Abbiamo creato una cornice emozionante, nel cuore della città, e i prodotti hanno fatto il resto.

Però vogliamo di più. Il nostro è sicuramente un progetto ambizioso, da sempre vorremmo aggiungere la zona Lounge, considerando che siamo entrambi appassionati del mondo Food&Beverage e vorremmo crescere di più, ma non possiamo farlo dove siamo ora.

E così Berries passerà ad una vita Digital, il nostro e commerce sarà ampliato con tutta la linea prodotti (e anche con delle novità!) in attesa di trovare una nuova location, quella Giusta.

Il secondo semestre dell’anno sarà completamente diverso dal primo, casa nuova, città nuova, nuove abitudini da costruire e tanta, tanta, tanta voglia di dare vita ai nostri progetti.

Vi racconterò nuove puntate di questa avventura, scrivere sarà anche la mia valvola di sfogo durante quel bruttissimo periodo chiamato Trasloco.

La possibilità di lavorare da casa per molti è un sogno irrealizzabile.

Essere padroni del proprio tempo e far coincidere il luogo di lavoro con il luogo in cui si vive non è sempre facile e in molte persone può disorientare e causare una scarsa produttività.

Ma come fare, quindi, per riuscire a lavorare da casa mantenendo alti livelli di produttività?

Sinceramente? Non lo so! O meglio, io posso dirmi la versione, come io imposto la mia giornata e quali limiti mentali e fisici mi impongo per riuscire a concentrarmi e soprattutto, quali dogmi ho smontato per me stessa.

Partiamo con una piccola premessa: per come la vedo io essere freelance o imprenditori equivale ad essere uno spirito libero, non è una cosa che si può imparare o, al contrario, ignorare. Sicuramente è un percorso (costante e continuo) di crescita, di autodisciplina, di accettazione. E sicuramente con il tempo si migliora e si può imparare, quello si, ad essere più disciplinati, ma lo spirito a costruirsi il proprio lavoro autonomamente, dovete sentirlo, dovete averlo.

Dunque, io lavoro nel marketing, comunicazione digitale e web design, quindi ho dei clienti, con delle richieste e delle scadenze, ma parallelamente porto avanti anche alcuni miei progetti personali e il primo ostacolo che spesso si incontra lavorando da casa è: da dove iniziare?

Normalmente io agisco per priorità. Ci sono delle scadenze temporali inderogabili che hanno un grado di priorità diverso dalle altre, e solitamente sono quelle con cui inizio la mia giornata lavorativa.

Però, ve lo dico onestamente, non sempre faccio una ‘to-do-list’ giornaliera, spesso faccio semplicemente prima a farlo e basta.

Ma torniamo a come costruirsi una routine e al problema delle distrazioni.

Prima di tutto, sfatiamo un mito, lavorare da casa non significa stare tutto il giorno in pigiama!
Se il tuo sogno è questo, sappi che il tuo grado di produttività probabilmente sarà molto basso.

Questo è sicuramente il primo consiglio che mi sento di darvi: resistete alla tentazione di rimanere in tuta tutto il giorno.

Certo, nessuno vi accuserà di alto tradimento se in alcune giornate particolarmente stressanti resterete in condizioni poco presentabili, ma nella normale quotidianità il mio consiglio è quello di agire normalmente: vestitevi! Se siete donne e abituate a farlo, truccatevi! Insomma agite come se doveste recarvi in un vostro ufficio. Le ragioni per cui dovreste farlo sono varie, la prima è sicuramente quella di (per usare un termine tecnico) darsi una svegliata! Inoltre come reagireste se vi chiedessero una Skype Call dell’ultimo minuto? (E capiterà!)

Ma la ragione per me più importante è che, una volta che sei vestito e pronto per uscire, puoi anche farlo. Significa che, se prima di iniziare voglio bere un caffè al bar, vado fuori e lo faccio, o se mi accorgo improvvisamente che mi manca l’acqua da bere, nella pausa successiva potrò uscire a prenderla. Essere pronti significa poter affrontare la giornata in qualsiasi modo evolva e dare uno schiaffo alla pigrizia, perché diciamocelo, se siamo in tuta o in pigiama le probabilità di uscire durante il giorno si riducono drasticamente e non ossigenare il cervello nemmeno una volta nell’arco della giornata non fa certo bene alla produttività!

Ed ecco che arriva il secondo consiglio: uscite! Fate una passeggiata, andate al bar, interagite con delle persone.

Questa cosa per me è molto semplice e anche un pò obbligata, avendo due cani con delle necessità impellenti la prima ossigenata del giorno scatta al suono della sveglia! Mi alzo ed esco, quasi come un automa, e vi garantisco che la maggior parte delle mattina è una cosa che non ho voglia di fare, ma quando poi sono fuori l’aria fresca mi sveglia, vedere i miei pelosi felici mi rende felice e quando rientro mi sento più carica.

Altro rito per me fondamentale: la colazione!
Sono un’amante e una sostenitrice di questo pasto, per me il più importante del giorno! Io non connetto se non faccio colazione, in più sono una di quelle persone che si svegliano con la fame, quindi è una necessità per me, e badate bene, la mia colazione non è un caffè al volo! Ho tutte le mie abitudini, di cose da bere e da mangiare, proprio perché ritengo che prendersi cura del nostro corpo sia un modo perfetto per sostenere anche la nostra mente.

Quindi, ricapitolando, i primi 3 consigli per lavorare da casa ed essere produttivi sono:

– Una passeggiata alla mattina prima di iniziare o alla prima pausa utile. Personalmente cerco di inserire anche l’attività fisica alla mattina, almeno due volte alla settimana, lo trovo energezzante, mentre allenarmi la sera è quasi uno sforzo, specialmente d’inverno. Cercate di trovare il momento più adatto a voi, ma fate il possibile per fare un pò di attività (un minimo) tutti i giorni.

– Fate una buona colazione, per dare a corpo e mente il giusto sostegno per affrontare la giornata lavorativa;

Preparatevi come se doveste recarvi in ufficio! Datevi un tono, su!

Questi tre passaggi dovrebbero consentirvi di iniziare la giornata in tranquillità, con i vostri ritmi e con le energie necessarie.

Ma come fare per evitare le distrazioni?

E cosa fare se spesso ci si ritrova a vagare per la casa in cerca di un qualcosa da fare che ci impedisca di lavorare?

Prima di tutto io dedico un luogo preciso della casa al lavoro, non lavoro in cucina o in altre stanze, ma in uno studio, questo mi consente di chiudere la porta ed estraniarmi.

Seconda cosa: dovete assolutamente imparare a conoscervi.
Ok si, sembra una frase detta a caso e senza senso, ma non è così. Imparare a conoscersi significa anche accettare che, in quanto esseri umani, abbiamo delle giornate in cui non funzioniamo.

Io per esempio, ho delle giornate in cui appena mi siedo alla scrivania mi rendo conto che di stare davanti al Mac non ne voglio sapere. Sono quei momenti in cui in mezzora si combina poco o niente, in cui si apre Facebook più del dovuto e a fare un’azione semplicissima come mandare una mail richiede un tempo infinito.

Ecco, io ho imparato a riconoscere quei momenti, ad accettare i miei limiti, a smettere di colpevolizzarmi e di accusarmi e ad imparare a sfruttarli in modo diverso.
Cosa significa? Significa che, dopo la prima mezzora buttata via, scelgo di non buttarne via altre. Mi alzo, e faccio altro. Di cose da fare chi è libero di gestire il proprio tempo ne ha sempre una montagna!

Quindi è proprio quello che faccio, gestisco il tempo in modo diverso: faccio la spesa, sistemo la casa, stiro, cucino, esco per commissioni (..) tutte cose che avrei comunque dovuto fare, ma in momenti diversi. Piuttosto di perdere tempo o essere poco produttiva, ho imparato a riorganizzarmi, e vi garantisco che funziona. Perché spesso quando non si riesce a concludere niente davanti al computer é perché la mente è sovraccarica, oppure le idee creative di cui avremmo bisogno non arrivano, o la concentrazione semplicemente non è con noi e in questi momenti fare qualcosa di manuale, distrarsi con altre cose da fare, aiuta a riportare un equilibrio.

Agendo in questo modo spesso riesco ad evitare di passare una giornata intera lì seduta con un pessimo umore e arrivare a sera con un quarto delle cose fatte, e alle volte riesco addirittura a fare tutto quanto. Perché magari, dopo aver fatto le pulizie alla mattina e cucinato a pranzo, nel pomeriggio riacquisto la concentrazione necessaria al mio lavoro e la mia produttività raddoppia. Magari sfrutto di più le ore serali in questi casi, o devo recuperare alzandomi qualche ora prima il giorno successivo, ma evito di perdere tempo.

Quindi, il consiglio forse più importante di tutto questo articolo è quello di imparare a conoscersi e a riconoscersi in certi atteggiamenti. Secondo la mia esperienza è il miglior regalo che potete fare voi stessi, accettare i vostri limiti e utilizzarli a vostro vantaggio.

E voi, cosa fate per mantenere alti i livelli di produttività lavorando da casa? Se avete altri suggerimenti o se volete condividere con me i vostri metodi scrivetemi nei commenti e ne parleremo assieme!..

Lavorare con collaboratori esterni a cui affidare un progetto personale non è sempre facile, riuscire a dare fiducia a quella persona e a ‘dargli in mano’ una nostra idea è forse una delle cose più difficili che un imprenditore deve imparare a fare.

Le difficoltà aumentano se a quel progetto si tiene particolarmente, se è fondamentale la sua crescita e la sua riuscita e se al collaboratore esterno devi affidare l’immagine e la comunicazione di tutto il progetto. Diciamo che ti tremano le gambe, ecco.

E bisogna essere onesti, alcune collaborazioni partono male e si concludono forse peggio. Non va sempre tutto bene, ma ci sono anche delle eccezioni in senso opposto: ci sono delle collaborazioni che nascono a pelle, spontaneamente e quasi per caso. Quelle, se siamo bravi nel nostro lavoro, sono le migliori in assoluto.

Come collaboratrice esterna ho la visione dalla mia parte, ma so che quando si lavora davvero assieme, tutto migliora. Ci sono però alcuni aspetti del mio lavoro che non possono non essere considerati, perché anche quando si forma una squadra è indispensabile lavorare duramente.

Il titolo di questo post dice già molto da solo, è fondamentale ogni parola:

  • Studio: non si smette mai di imparare, non si smette mai di migliorarsi. Per crescere bisogna stare al passo, su tutto, e studiare è uno degli elementi fondamentali.
  • Impegno: impegno non significa sedersi davanti al computer 24 ore su 24 (o forse anche sì, se necessario), ma mettere l’anima in ciò che si fa, prendere progetti nei quali si crede e dare il massimo.
  • Condivisione e Fiducia: le metto assieme perché acquistano ancora più forza. Perché un progetto si realizzi ci vuole condivisione, con cliente e con il team di lavoro, ma soprattutto ci vuole fiducia, l’unico vero modo per poter creare una squadra vincente.

Ed è così che le soddifsfazioni, se ci metti l’anima, arrivano, oggi ve ne racconto una in particolare.

Da alcuni mesi collaboro con un giornale online di Salute, un magazine importante di cui ho da subito sposato la filosofia, quella di condividere la ricerca medico-scientifica, l’innovazione e le terapie in campo medico con le persone esterne a questo mondo, quindi con un linguaggio adatto al pubblico.

[ Per chi fosse interessato, ecco il link a giornale: pensallasalute.com ]

Nei primi mesi di lavoro con la direttrice del giornale siamo riuscite a far crescere di molto non solo l’interazione e il coinvolgimento degli utenti, ma anche le visite al sito. Uno degli obiettivi del magazine per il 2017 era l’inclusione in Google News, considerato lo scopo di fare informazione di qualità era uno degli obiettivi più importanti.

Prima di inviare la richiesta abbiamo dovuto sistemare alcune cose sul sito e sui contenuti, quindi ci abbiamo messo qualche settimana in più del previsto per riuscire ad avere tutto pronto, con qualche sacrificio maggiore sia a livello economico sia di impegno, non potevamo permetterci errori.

Precisazione: non potevamo permetterci errori perché la precedente gestione della comunicazione del giornale aveva già tentato due volte l’inclusione, che era sempre stata rifiutata. Dovevamo quindi essere più sicuri possibili che tutto andasse a buon fine, altrimenti avremmo dovuto aspettare alcuni mesi per ritentare nuovamente.

Per quelli di voi che si stanno chiedendo quali cose abbiamo dovuto sistemare e come si fa a richiedere l’accesso a Google News, sappiate che sto preparando una mini guida sull’argomento che renderò disponibile molto presto, nel frattempo potete leggere le linee guida che Google stesso fornisce a questo link.

Ad ogni modo, ci siamo impegnate nella preparazione del giornale perché fosse tutto perfetto, e oggi è arrivata la conferma: la richiesta è stata accettata!

E’ così bello quando si riesce a far raggiungere un obiettivo ad un cliente, perché in realtà diventano i tuoi obiettivi.

E’ proprio così, quando c’è fiducia da entrambe le parti, e ci si affida davvero condividendo chiaramente e da subito gli obiettivi importanti, si crea una sinergia tale da formare una squadra.

Ed è bellissimo condividere i risultati assieme, insomma, un bel regalo di Natale!..

Se siete interessati a ricevere la guida su Google News appena sarà pronta, lasciate la vostra mail qui sotto!

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    Una giornata che “passa un pò via”.. una giornata di cui si accorgono in pochi.

    La Giornata dei Nonni!

    Eppure i nonni hanno un’importanza enorme nella nostra vita, condizionano senza accorgersene parte del nostro essere.

    Mio nonno, per esempio, era un ex direttore di banca.
    Una persona colta, che conosceva il latino e parlava fluentemente in tedesco, almeno così me lo ricordo io, poco importa che in realtà sapesse solo alcune frasi di una o dell’altra lingua o se sapesse davvero dialogare con quei tedesci al mare, per me sapeva tutto.
    Personalmente credo che parte del mio pragmatismo arrivi proprio da lui. Mio Nonno era concreto, non voleva giri di parole inutili, voleva arrivare al dunque, subito e senza storie. E poi questa cosa dello spreco.. ce l’aveva sempre in testa: “sono due bocconi, finisci!” – “non si butta via il cibo, con tutti i bambini che muoiono di fame!”.
    Ah Nonno.. chissà se avresti capito che lavoro faccio, di cosa mi occupo.. Me lo immagino ogni tanto: “Cosa fai? Lavori con internet? E a cosa serve? Pubblicità? Su internet?” – sarebbe una conversazione divertentissima!

    L’altro mio nonno, invece, era ferroviere. Lui sì che avrebbe capito che lavoro faccio, non solo, ma mi avrebbe sicuramente chiesto di insegnargli qualcosa! Era una persona incredibilmente creativa, che non stava mai ferma e che, a 80 anni, frequentava ancora i corsi di informatica per montare i filmati di famiglia con scritte e musiche!

    Crescendo impariamo a riconoscere i tratti caratteriali dei nostri nonni (e dei nostri genitori) in noi.
    A me piace pensare che questi due animi, queste due personalità, si siano fuse in parte dentro di me, dando vita all’ibrido di creatività e pragmatismo che sono oggi.

    Dalle nonne invece credo di aver preso l’amore per la famiglia e per la cucina, il piacere del ritrovarsi tutti assieme e di fare qualcosa per gli altri, senza chiedere nulla in cambio. Le Nonne in questo sono davvero delle Maestre! Se penso a quanti pranzi e cene hanno preparato per il piacere di stare tutti assieme.. però facevano anche molto altro! Con mia nonna materna ad esempio, le giornate erano sempre piene: dal fare collane con il pongo all’imparare a suonare la chitarra, non ci si annoiava mai. Ovviamente tanto, tanto tempo lo passavamo in cucina: le tigelle, le mozzarelle in carrozza, le polpette, gli gnocchi fritti, i Ćevapčići (ah no, quello era il nonno!).. forse aveva l’obiettivo di farmi partecipare a Masterchef!
    E per fortuna che facevo tanto sport ragazzi, altrimenti tutto questo cibo avrebbe inciso molto su una me bambina già non proprio ‘piccola’!..

    Però crescendo si capisce anche che Nonni, si diventa.
    Infatti prima o poi a diventare Nonni saranno i nostri genitori, e toccherà anche a noi.. prima o poi!.. Il senso di famiglia cambia completamente crescendo, quando sei piccolo è semplicemente un gioco e un piacere stare con i nonni, i cugini.. Quando sei adolescente è una costrizione, è un dovere.. poi, piano piano, impari ad apprezzare quei momenti di condivisione che diventano sempre più rari. E capisci tutte quelle frasi che sentivi dire ‘ai grandi’.. Ogni famiglia è diversa, ogni famiglia ha le sue regole ed è diversa a suo modo, dobbiamo imparare a godercele davvero!

    Dunque oggi, io mi riprometto di passare più tempo con la mia unica nonnina rimasta, che pur avendo una vena di follia racchiusa in una mente da pittrice, è così avanti che non solo utilizza WhatsApp e le Mail, ma si manda anche le vignette scherzose con i suoi amici!

    Con l’augurio che molti nipoti facciano la mia stessa promessa, buona festa dei Nonni a tutti i Nonni del mondo!

    nonno e nipote a passeggio

    Negli ultimi mesi ho dovuto affrontare alcuni ostacoli, piccole sfide che servono a crescere. Questi micro-ostacoli (lasciamo stare che quando ci siamo davanti sono peggio dell’Everest) servono a diventare grandi, mi dicono.

    Probabilmente è vero, perché effettivamente ora mi sento un pò come quelle persone che ‘ne hanno viste tante’ e ora devono portare la loro visione delle cose al prossimo. (Mi dispiace che oggi tocchi a voi!)

    Ad ogni modo, volevo raccontarvi un episodio accaduto in questi mesi di difficoltà. Una cosa sciocca, che nulla ha a che vedere con le Difficoltà, ma il consiglio che mi è stato dato in questa occasione mi ha aperto occhi, cuore e mente in altre mille circostanze.

    apri la mente

    Dunque, in maggio mi contatta Radio Venezia, probabilmente è successo anche ad alcuni di voi. L’emittente sta facendo una ‘campagna di promozione locale’, se possiamo definirla così. Insomma dà alle aziende, ai professionisti, agli imprenditori la possibilità di raccontarsi attraverso una mini intervista. Una chiacchierata che va in onda nella fascia serale dopo la mezzanotte. Questa intervista viene ripresa (ovviamente tra i loro obiettivi c’è quello di venderti il video) e questo mini-filmato viene poi pubblicizzato sui social.

    Personalmente quando mi hanno chiamata per propormi l’intervista mi sono anche sentita figa (tipo: wow!) – cosa durata pochissimo considerato che davvero l’hanno proposto a tantissime persone.

    Ad ogni modo, fisso la data di questa intervista per la settimana successiva e niente, mi sale l’ansia.

    Premetto che negli anni le mie esperienze con il parlare al microfono sono state sempre traumatiche.
    E premetto anche che non avevo mai fatto esperienze simili.

    Quindi alternavo momenti di “Ma che Figata!” a momenti di “Oh no, mi tremerà la voce, ma cosa gli dico, e se mi blocco..”.

    Qualche minuto prima di entrare si scatena la vocina “Non entrare, non puoi farcela, sbaglierai tutto, torna a casa”.

    Quindi chiamo l’unica persona in grado di sopportare i miei momenti di isteria, ed è in quella telefonata che mi dice:

    ” Senti ma, perché devi sempre affrontare tutto in questo modo? Cioè e anche se sbagli? Perché non provi a Divertirti anche affrontando queste piccole sfide? Vai, entra, sorridi e divertiti. E se sbagli qualcosa, ridi! “

    Lì per lì non feci caso alla profondità di queste parole. Sono entrata, mi sono Divertita e sono uscita.
    Questa conversazione mi torna in mente, involontariamente, ogni volta che ho davanti qualcosa che mi spaventa fare.

    E’ il modo con cui affrontiamo le cose che ci condiziona.

    Spero che queste poche parole possano tornare utili anche a voi.

    Il video dell’intervista ve lo metto qui sotto, ma lo trovate anche nella mia pagina Facebook: @chiarasimionatoweb.

    Staccare la spina ogni tanto si rende davvero necessario.

    Agosto per il mio lavoro è un mese intenso, tante novità e moltissima pianificazione per la nuova stagione riempiono le mie giornate, ma delle volte non portano solo gioia ed entusiasmo, ma anche ansia e stress!

    Così, senza nessuna pianificazione.. ho staccato 3 giorni (quasi quattro!) e sono state delle ‘ferie’ bellissime in giro per il nostro Bel Paese! Così belle che ho pensato di raccontarvele e di darvi alcuni suggerimenti utili su cose da vedere e da mangiare!

    Non avendo un itinerario programmato, ma avendo ben stampate in mente quelle immagini dei verdi paradisi toscani ci siamo diretti verso Firenze.

    Premetto che non vedevo l’ora di vedere il Duomo, avendolo tanto studiato, e mi sarebbe tanto piaciuto poterlo vedere anche all’interno, ma non avevo calcolato che, essendo i giorni di Ferragosto, l’intera popolazione mondiale avrebbe avuto la mia stessa idea. La coda era così lunga che girava completamente attorno alla Cattedrale, cosa che ci ha spinti a dire “Dai, ci torneremo!”.

    Duomo di Firenze

    Altre cose da fare a Firenze se avete poche ore (e come noi nessuna voglia di mischiarvi a code, quindi niente Uffizi): visita a Ponte Vecchio, una meta famosa e caratteristica che non potete mancare; e se vi piace fare shopping in boutique particolari, non perdetevi Luisa Via Roma, uno dei più famosi Concept Store d’Italia.

    Abbiamo passato una magica serata a San Gimignano, un piccolo borgo in cui dovete assolutamente andare. L’atmosfera è magica, il tramonto non si può raccontare.
    Ovviamente oltre che di viaggi, città e cultura, sono una grande amante del buon cibo e del buon vino, e che ferie sarebbero senza delle cene adeguate?! A San Gimignano vi consiglio l’ Olivieri Bistrot, personale simpatico e preparato, un ottimo menu con prodotti locali e una carta dei vini molto interessante!..

    (Nella foto potete ammirare le colline di San Gimignano al tramonto e un esemplare di viaggiatrice felice).

    Tramonto a San Gimignano

    Dopo una fantastica dormita ci dirigiamo alla volta delle Cascate del Mulino: terme naturali gratuite ( = stra-piene di gente!).
    Ora, se voi riuscite ad andarci in un periodo meno affollato ve le godreste sicuramente di più, ma nel complesso la location è davvero un paradiso selvaggio e naturale (c’è una piccola struttura con un bar, i bagni e le docce).

    Terme di Saturnia

    Il nostro tour prosegue alla volta di Orvieto, dove siamo stati rapiti dal Duomo. Ha un potere inebriante, saranno le sue dimensioni mastodontiche a confronto con il piccolo borgo in cui si trova o la fittissima decorazione in cui non si smette mai di scoprire elementi nuovi, ma questa architettura ha il potere di rapirti e tenerti lì, seduto su quella panchina a fissare il suo splendore.

    Duomo di Orvieto

    Siccome io però mi annoio facilmente, da quella panchina ci siamo alzati e abbiamo deciso che, per un’ora soltanto, avremmo potuto sopportare le visite guidate di gruppo per poter vedere la città sotterranea. Come molti di voi sapranno, o forse no (come me), esiste una enorme quantità di grotte, la maggiorparte delle quali sono private, che formano una vera e propria città sotto l’odierna Orvieto. Due di queste sono oggi di proprietà del Comune, che le ha rese accessibili e visitabili. Per quanto l’idea di rinchiudersi sotto terra con una cinquantina di sconosciuti non sia il massimo dell’aspirazione, è una visita che consiglio di fare (al modico prezzo di 6 euro).

    Da Orvieto ci siamo spostati verso Montefalco, altro splendido borgo.
    Siamo arrivati per cena e per la notte, avevamo già in programma di spostarci la mattina seguente, giusto il tempo di godersi una splendida vista e una magnifica serata in paese. Mangiato divinamente al ristorante l’Alchimista, proprio nella piazza del paese e alloggiato a Palazzo Bontadosi, carino anche se costoso e un pò scarsa la colazione, per i miei gusti.

    Road to: Spello!
    In questa città ci dovete andare, è conosciuta anche come la città dei fiori ed è ricca di bellissimi scorci ( anche se ètutta in salita, mannaggia!). Vi consiglio una tappa al Microbirrificio Etico DieciNove  dove dei giovanissimi ragazzi stanno facendo un ottimo lavoro con le loro birre artigianali e sapranno consigliarvi al meglio!

    Spello PG

    Dopo Spello ci siamo diretti ad Assisi, imperdibile. Dopo una camminata sotto il sole e con un caldo sfibrante siamo giunti alla Chiesa di San Francesco, che ripaga di tutte le fatiche (sepppur minime eh), e ci siamo poi gustati un ottima rivisitazione delle panzanella al ristorante Terra Chiama.

    Stanchi delle fatiche dei due giorni precedenti e sulla via del ritorno, ci siamo diretti verso il centro Spa e Wellness Asmana, a Campi Bisenzio. Ingresso serale, dalle 19 alle 23, poca gente, momento perfetto: relax totale. Conclusione magnifica per una giornata quasi perfetta: il borgo di Villa Castelletti e la sua Van Gogh room.

    Insomma, rimanere in Italia per questi pochi giorni è stata una continua scoperta, oltre che un piacere. Certo, non deve darti fastidio la macchina e devi saper goderti anche il viaggio (perché di ore in tre giorni e mezzo ne abbiamo fatte tante, circa 15!) però ne vale davvero la pena!

    Questo magnifico giro si è concluso tornando a Casa, con una passeggiata al tramonto nella città in cui perdersi è l’unico modo per ritrovarsi: Venezia.

    Venezia @ChiaraSimionato

    Ah, preciso che post e citazioni sono assolutamente e completamente spontanei e derivano solamente da quanto mi sono trovata bene in quei locali!